Native advertising: che cosa è

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Quando si parla di Native advertising si fa riferimento ad una diffusa forma di pubblicità contestuale online che si è diffusa esponenzialmente negli ultimi anni. Il Native advertising consiste, sostanzialmente, nell’inserire i contenuti pubblicitari in contesti che siano coerenti rispetto agli stessi, in modo che la pubblicità sia ‘omogenea’ rispetto al contenuto o al sito dove sta navigando l’utente.

Con Native advertising si intende quindi un contenuto che viene sponsorizzato e visualizzato dentro dei contenuti coerenti.

La differenza dalla pubblicità c.d. tradizionale è davvero profonda: questa ottiene l’obbiettivo di distrarre il lettore con una promozione o offerta che si distacca dal contenuto. Al contrario la Native advertising agisce su un livello del tutto diverso: sostanzialmente il lettore trova che la pubblicità sia perfettamente inserita nel contesto dove sta navigando, e quindi, di conseguenza, non percepisce la pubblicità come una interruzione o come qualcosa che distrae da quello che sta facendo.

Sarebbe riduttivo dire che il Native advertising si limita solamente a proporre offerte e contenute che siano in linea o in tema con quello che l’utente sta guardando in un preciso momento: infatti il Native advertising più che altro si fonde perfettamente con lo stile (anche grafico-visivo) della pagina web, in modo che la fusione col contesto editoriale fa diventare quasi difficile comprendere quale sia la pubblicità e quale il contenuto.

Il Native advertising è così un esempio di pubblicità in armonia con il contesto: possiamo avere dei validissimi esempi guardando, per esempio, ai post sponsorizzati su Facebook o in altri social network e community.

Perché il Native advertising è importante

Il Native advertising si sta diffondendo a macchia d’olio anche in Italia, dopo aver avuto un largo successo all’estero. Sempre più aziende ed imprese si affidano a questa efficace tecnica pubblicitaria, che sta quasi sostituendo la pubblicità ‘classica’.

Ma perché? La spiegazione è psicologica, in primis. Secondo il principio della banner blindness ormai gli utenti web hanno sviluppato una forma di ‘cecità selettiva’ ed ignorano tutti i contenuti pubblicitari percepiti come interruzione.

Questo dato di fatto, per cui le persone tendono ad ignorare i contenuti pubblicitari classici e tendenzialmente sono diventate immuni alla pubblicità che interrompe rispetto al contenuto, ha quindi fatto emergere il Native advertising come una forma di pubblicità alternativa.

Infatti si tratta di un tipo di contenuto che non infastidisce chi legge, che attira il pubblico senza però infastidirlo come troppo spesso avviene con la pubblicità classica.

Il Native advertising non è certo una novità, perché in realtà l’inserimento di contenuti sponsorizzati nel piano editoriale c’è da sempre. Tuttavia oggi il processo è migliorato, e il Native advertising risulta essere una delle tecniche migliori per comunicare senza infastidire e senza interrompere.

Il Native advertising non può essere usato senza cognizione di causa: come ogni altra strategia pubblicitaria richiede di essere inserito in un contesto preciso, e di essere proposto ad un target studiato.

Quanti tipi di Native advertising?

Come abbiamo detto il Native advertising si inserisce in una certa strategia e non ne esiste un tipo solo, anzi.

Vediamo quali sono le tipologie più importanti di Native advertising.

  • Paid Search. In tal caso, l’attenzione è rivolta ai risultati di ricerca, vale a dire che l’inserzionista deve pagare per farsi inserire nella migliore posizione possibile all’interno di un elenco di risultati per parole chiave, dentro il motore di ricerca.
  • In-Feed: si tratta del tipo più classico di Native advertising: la pubblicità è inserita all’interno dei contenuti, negli aggiornamenti delle piattaforme. Uno dei migliori esempi sono i post sponsorizzati su Twitter e Facebook. Hanno un contenuto simile a quello di altri post non pubblicitari ma devono riportare di essere contenuti sponsorizzati.
  • Widget: si tratta di annunci a pagamento che sono correlati ad un certo articolo grazie ad un widget, cioè un piccolo box che attira l’attenzione dei potenziali lettori.
  • In-Ad: consiste in un tipo di Native advertising che si avvicina molto alla pubblicità classica, quindi alla forma del banner: tuttavia a differenza del banner, si sposa bene con il contesto ed il tema della piattaforma dove si inserisce.
  • Promoted Listing: si tratta di una lista dove compare anche il contenuto da sponsorizzare (come avviene su Amazon).
  • Contenuto personalizzato: si tratta del tipo di Native advertising più noto in assoluto. Si tratta di post sponsorizzati, scritti per essere pubblicati su altri siti web e confezionati secondo alcune regole.

Native advertising, le caratteristiche

Il Native advertising richiede che si rispettino alcune caratteristiche essenziali affinché venga fatto al meglio. In primo luogo, deve essere ben chiaro che si tratta di un contenuto sponsorizzato, per quanto estremamente armonico col sito o con la piattaforma dove si trova.

Deve essere rispettata la linea editoriale

Il design dell’annuncio di Native advertising deve essere coerente e sposarsi bene con la piattaforma, come un tutt’uno. Infine, si tratta di messaggi pubblicitari che non disturbano e non danno fastidio, e sono decisamente di qualità superiore rispetto a quelli tradizionali.

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